Google RankBrain o Rank Brain
Come posizionare in SERP un sito sfruttando Rank Brain
Autore: Andrea Pacchiarotti
Ultimo aggiornamento: 13 Maggio 2023
Categoria: Web Marketing SEO Google Rank Brain
Posizionarsi bene su Google? Una volta bastavano il SEO copywriting e le parole chiave, ma oggi che il motore di ricerca capisce, indicizza e interpreta correttamente i testi delle pagine web, sono pratiche non obsolete, ma divenute parte del variegato mondo del posizionamento all’interno della ricerca organica. Google RankBrain è uno degli algoritmi di machine learning che Google utilizza per migliorare i risultati del suo motore di ricerca. In particolare, RankBrain aiuta Google a comprendere le ricerche degli utenti che contengono parole nuove, sconosciute o ambigue che i tradizionali algoritmi di ricerca avrebbero difficoltà a interpretare. Esso utilizza il deep learning, una tecnica di machine learning basata su reti neurali artificiali, per provare a capire il significato e il contesto delle parole nuove digitate dagli utenti. RankBrain non determina da solo i risultati delle ricerche, ma il suo contributo viene combinato con molti altri fattori per mostrare all'utente i risultati più pertinenti. Google continua ad apportare miglioramenti regolari a RankBrain e agli altri algoritmi e modelli di machine learning utilizzati nella ricerca.
Sommario Google Rank Brain
- Rank Brain
- Sfruttare Rank Brain per migliorare la posizione in SERP
- User Experience (UX) e Rank Brain
- Conclusioni
Rank Brain
La query diventa quindi... Come posizionare in SERP un sito sfruttando RankBrain o, semplicemente, Rank Brain oppure RankBrain.
Google elabora mediamente tre miliardi di ricerche al giorno, il 15% (quasi mezzo miliardo) di queste, sono formate da parole che il motore non ha mai visto prima. L’uso dell’algoritmo Rank Brain (RankBrain Wikipedia), reso pubblico da Google, tenta di restituire dei risultati di ricerca maggiormente utili per l’utente, interpretando le sue query, cioè le domande che egli digita nel box di ricerca di Google. Questo algoritmo fa parte di quello più grande denominato Hummingbird, che ne comprende anche altri come ad esempio i noti Panda, attivo dal 2010 e che retrocede in SERP i siti web con contenuti di bassa qualità, e Penguin, operante dal 2012 e che elimina i comportamenti più artificiosi del link building (potrebbe interessarti anche la broken link building).
Google già da qualche anno sta usando il web semantico, l’AI (acronimo di intelligenza artificiale che, semplificando molto, indica quei computer preposti all’apprendimento e all’individuazione di connessioni tra le informazioni, a proposito se ti interessano i prompt per sfruttare l'intelligenza artificale di ChatGPT usa GPT Prompt Generator, è gratis!) e il machine learning (ovvero la capacità di un computer di fare qualcosa apprendendo da se stesso) per affinare i risultati delle SERP a tutto vantaggio del navigatore, il che significa che mister G è sempre più intelligente, tanto che, digitando una ricerca ambigua e al contempo lunga (long tail keyword), il suo nuovo algoritmo Rank Brain si sforza di interpretare al meglio la query dell’utente, non limitandosi a selezionare le keyword e a mostrare le pagine web che le contengono, ma confrontando la query con le ricerche passate, collegando i termini tra loro e avanzando ipotesi sulla vera richiesta del navigatore, al di là delle mere parole chiave.
Ad esempio digitando “torre cilindrica di marmo” Rank Brain capirà che l’utente sta cercando informazioni sulla torre di Pisa, la sua query verrà quindi trasformata in modo da produrre una SERP con concetti corrispondenti, ma non necessariamente con le medesime keyword. L’obiettivo è palese: la soddisfazione del navigatore. Mostrata la SERP all’utente, RankBrain testerà come egli interagirà con le pagine web.
Questo algoritmo è talmente rilevante che gli ingegneri di Mountain View, cosa rara, hanno dichiarato esplicitamente che Rank Brain è il terzo più importante fattore riguardo la determinazione dei risultati di ricerca.
Quali sono i primi due? Beh non lo sappiamo, ma si può ipotizzare siano la qualità dei contenuti e la link building fatte badando, ovviamente, alle esigenze dell’utenza.
Google spesso ha sottolineato come siano oltre 200 i fattori valutati per determinare la posizione delle pagine web in SERP, in realtà, considerati anche i sottosegnali, i fattori potrebbero essere 50 volte tanto. Ad esempio ogni parola è un segnale, se è in strong è un altro segnale, se il sito è mobile friendly è un altro segnale ancora e così via; il loro insieme viene elaborato da Hummingbird per posizionare le pagine in base alle query di ricerca. I principali segnali di ranking sono mostrati nella Tavola periodica dei fattori di successo SEO.
Sfruttare Rank Brain per migliorare la posizione in SERP
- Accrescere il click-through rate (CTR) per la ricerca organica ovvero far aumentare i clic.
Come? Vanno scritti tag title e meta description sempre più appassionati ed emozionali, quale che sia il tipo di emozione da procurare al lettore è ininfluente, ma deve colpire; quindi attrazione, curiosità, ira, paura, vanno tutte bene. Ovviamente il contenuto dovrà rispettare quanto dichiarato nel titolo e nella descrizione in modo che l’utente resti soddisfatto piuttosto che essere deluso perché fuorviato da un title accattivante ma falso. Alti CTR organici generano ricompense in SERP, mentre quelli bassi fanno retrocedere le pagine.
È bene anche utilizzare URL brevi e descrittive - Aumentare il tasso di ingaggio degli utenti ovvero prestare molta attenzione al bounce rate, al tempo di permanenza dell’utente sulla pagina e in generale alle conversioni.
Come? È necessario curare il layout e l’estetica, organizzare il contenuto in modo non troppo profondo facendo raggiungere ogni pagina con pochi clic (uno o due sarebbe perfetto, ecco che la mappa del sito in HTML diventa fondamentale), elaborare una buona struttura di link interni, dare subito all’utente il succo (fornirlo cioè above the fold ovvero visibile senza necessità di scrollare la pagina) senza diluirlo con contenuti poco interessanti, ma puntando dritto a rispondere alla sua query, in modo che non sarà costretto a cercare la risposta su altri siti. Corredare il resto della pagina con sottotitoli ed elenchi e altri suggerimenti visibili, ad esempio infografiche.
Un lungo tempo di permanenza del lettore sulla pagina denota un navigatore contento e la pagina otterrà più spinta da RankBrain; video, foto, sondaggi e altri elementi interattivi consentono tutti di tenerli ben occupati - Abbassare il pogo sticking che si verifica quando un utente clicca un risultato relativo alla sua ricerca, ma pigia velocemente il tasto Indietro del browser per ritornare sulla SERP e scegliere un risultato diverso perché insoddisfatto del clic fatto in precedenza; questi rimbalzi fanno capire a Rank Brain che i contenuti delle pagine trovate non soddisfano le richieste del lettore e ciò fa sì che quelle pagine subiscano una retrocessione relativamente a quella query
- Seguire la SEO checklist
User Experience (UX) e Rank Brain
Quelli citati sono detti segnali UX ovvero segnali di esperienza utente; dunque non bastano più contenuti di qualità, link building, corretto uso delle keyword, ecc., ma è necessaria una buona user experience, definita dall’ISO 9241-210 come “le percezioni e le reazioni di un utente che derivano dall'uso o dall'aspettativa d'uso di un prodotto, sistema o servizio”.
In pratica la UX concerne le sensazioni che prova un navigatore visitando un sito relativamente alle proprie necessità.
Le domande da porsi per ottimizzare un sito lato UX sono simili alle seguenti. Perché è atterrato proprio su quel sito? Quali informazioni vuole trovarci? Cosa deve cliccare per leggerle? Che bisogni ha?
Si evince che un utente percepisce una buona UX se:
- trova subito ciò che cerca: vuol dire che appena entra nel sito ne capisce la struttura all’istante e va a colpo sicuro, in caso contrario abbandonerà la pagina o il sito stesso, nel peggiore dei casi, istantaneamente e senza più tornare
- trova quanto cerca nel punto in cui se lo aspetta: i layout sono abbastanza standardizzati (per esempio la home, testuale o a logo, di solito è in alto a sinistra, le breadcrumb idem) e andare contro le consuetudini può causare danni
- quel qualcosa è fruibile nel modo in cui crede che lo sia: ovvero deve essere tutto funzionante, si pensi a un form che non fornisce, dopo l’invio, un messaggio di conferma..., il navigatore rimarrà con il dubbio
Si presti molta attenzione anche alla User Experience per i device mobili in cui le dimensioni ridotte dello schermo provocano:
- un riposizionamento degli elementi, in tal caso l’importante è che, come per i dispositivi desktop, il contenuto fondamentale sia above the fold
- l’avvicinamento degli elementi cliccabili (icone e testi), in questo caso si deve evitare che essi siano troppo ravvicinati
Inoltre nei mobile le prestazioni del processore e della RAM sono inferiori a quelle del desktop, ciò significa che bisogna eliminare elementi pesanti come ad esempio uno slideshow di immagini o, se si desidera mantenerlo, usarne almeno uno leggero, a tal proposito è utile leggere come creare uno slideshow in JavaScript che pesa solo 200 byte!
Da quanto detto discende che la UX impatta fortemente sulla SEO dato che influenza fattori quali tempo di permanenza nel sito, abbassamento del bounce rate, aumento di visitatori di ritorno e dunque pensare all’utenza fornendo una buona User Experience non può che annullare i potenziali impatti negativi appena citati. Devi assolutamente tenere in conto l'Accessibilità e Usabilità dei siti web!
Conclusioni
Google RankBrain è un algoritmo di machine learning che si basa sull’intelligenza artificiale per comprendere meglio le query dei navigatori (non è quindi un nuovo modo di posizionare i risultati in SERP, compito riservato ad Hummingbird), affinando tali risultati tramite la sostituzione dei termini che compongono la query con voci più adeguate. Lo scambio viene effettuato in base ai concetti contenuti nella query e ai contesti che essi possono rappresentare.
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